La scrittura spontanea di Kerouac: come nacque la "prosa jazz"
- Gerardo Fortino
- 20 mar
- Tempo di lettura: 2 min


Scrittura spontanea di Kerouac: Quando sento parlare di Jack Kerouac, la mia prima reazione è generalmente un misto tra ammirazione sincera e crisi di ansia. L’idea che qualcuno potesse sedersi davanti a una macchina da scrivere e iniziare a battere furiosamente i tasti, senza nemmeno una virgola di revisione, mi fa rivalutare seriamente tutte le mie insicurezze editoriali. Eppure, proprio questa apparente follia aveva un metodo preciso — o meglio, la totale assenza di uno.
Kerouac la chiamava "scrittura spontanea" o, per dirla con un pizzico di jazzistico romanticismo, "prosa jazz". Come abbia fatto a inventarla è una storia che mescola spiritualità zen, maratone notturne a base di caffè (e, diciamocelo, non solo caffè) e il costante desiderio di catturare l’essenza di un pensiero prima che svanisse nel nulla. "Prima pensiero, migliore pensiero", diceva, e mi domando sempre cosa avrebbe fatto Kerouac se fosse vissuto ai tempi degli smartphone — probabilmente tweet lunghissimi, scritti a notte fonda.
Origine e segreti della scrittura spontanea di Kerouac
L'origine della tecnica risale alla fine degli anni '40, quando Kerouac lesse una lettera del suo amico Neal Cassady, una lettera delirante, lunga sedici pagine, scritta tutta d'un fiato, senza pause, punteggiatura o revisione. Fu come una folgorazione: Kerouac decise che quella era la forma più autentica e sincera di scrittura, la perfetta traduzione letteraria del ritmo frenetico della vita. Come scrive lui stesso nel suo saggio "Essentials of Spontaneous Prose" (1959), «Non c'è altra via che la prima che ti viene in mente, perché è l'unica sincera». Mi sembra una massima perfetta per la vita, se solo fossi meno ipocondriaco.
Quindi, da quel momento, Kerouac mise a punto un metodo semplice ma radicale: scrivere di getto, senza fermarsi mai, lasciando fluire liberamente parole e pensieri, un po’ come un sassofonista che improvvisa su un palco fumoso. Non sorprende che fosse innamorato del jazz, specialmente delle improvvisazioni di Charlie Parker, Dizzy Gillespie e Thelonious Monk, che riteneva fossero capaci di cogliere la spontaneità assoluta del momento. Se fosse vissuto oggi, probabilmente avrebbe definito la sua tecnica "streaming di coscienza", e avrebbe avuto una crisi di nervi cercando di connettersi al Wi-Fi per pubblicare tutto online.

La leggenda narra che il suo romanzo più celebre, "Sulla strada", fu scritto in tre settimane su un rotolo di carta lungo circa 36 metri — un unico paragrafo, un unico respiro, un'unica esperienza. Anche se, per essere onesti, quella storia romantica è leggermente meno spontanea di quanto sembri: Kerouac aveva preso appunti e pianificato il testo per anni. Ma il fascino resta, ed è proprio quel fascino che rende ogni aspirante scrittore un po’ depresso e un po’ estasiato.
La verità è che Kerouac ci insegna qualcosa di fondamentale: la vita, come la scrittura, è un caos incontrollabile. Forse non riusciremo mai a catturarla davvero, ma l’importante è provarci, con sincerità e coraggio — anche se questo significa rinunciare a ogni forma di revisione e accettare il rischio che i lettori scoprano davvero cosa ci passa per la testa.
Ecco, adesso scusatemi, vado a scrivere un romanzo tutto d’un fiato. Oppure no, magari prima bevo qualcosa di forte.
Comments