
Un libro che è più di un reportage: un viaggio nella lentezza
Ci sono libri che informano, libri che raccontano e libri che trasformano. Un indovino mi disse di Tiziano Terzani appartiene a questa terza, rarissima categoria. È il diario di un anno senza voli, la cronaca di un’esperienza nata da una profezia, ma è soprattutto una meditazione sul tempo, sulla percezione del destino e sulla capacità di guardare il mondo con occhi nuovi.
Nel 1976, un indovino di Hong Kong avverte Terzani: "Nel 1993, non volare. Rischi di morire." Lui, giornalista e viaggiatore instancabile, accetta la sfida. Invece di ignorare l’avvertimento, decide di affidarsi alla superstizione e trasformarla in opportunità: attraverserà l’Asia via terra, in treno, in auto, in barca. Ne nasce un reportage unico nel suo genere, una riflessione sulla magia, sul destino e sull’essenza stessa del viaggio.
Tiziano Terzani e il fascino dell’Oriente
Terzani non è mai stato un semplice reporter. Se Kapuściński osservava il mondo con l’occhio clinico dello storico, lui lo scruta con la sensibilità di un monaco errante. In Un indovino mi disse, l’Asia non è solo uno sfondo, ma un’anima pulsante, un'entità viva fatta di profumi, presagi e incontri.
Ogni paese che visita è un frammento di un mosaico più grande: il declino della Thailandia spirituale, l’ambiguità del Vietnam post-bellico, l’ombra del comunismo in Cina, la modernità aggressiva di Singapore. Ma sono gli uomini e le loro storie a rendere il libro un capolavoro. Terzani parla con monaci, contadini, politici, mercanti, indovini. E in ogni conversazione si riflette il suo bisogno di comprendere, di scavare, di immergersi.
La magia e la superstizione: l’Oriente visto con altri occhi
L’intero libro ruota attorno alla domanda: esiste un destino scritto? Per l’Occidente, figlio della ragione e del progresso, la superstizione è un residuo arcaico, qualcosa da cui liberarsi. Per l’Oriente, invece, la magia è ancora parte della vita, intrecciata alla quotidianità come il filo di un tessuto millenario.
Terzani non cerca di confutare né di accettare ciecamente queste credenze. Le ascolta, le osserva, le sperimenta. E mentre lo fa, la sua scrittura diventa sempre più potente, più intima. Il vero viaggio non è solo geografico, ma interiore: è la scoperta che il tempo può essere vissuto diversamente, che il futuro non è solo ciò che costruiamo, ma anche ciò che ci attende.
Un anno senza aerei: la lentezza come filosofia
Forse il messaggio più profondo di Un indovino mi disse è un altro: il viaggio lento trasforma il viaggiatore. Abbandonare gli aerei significa riscoprire il senso dell’attesa, il valore dell’incontro casuale, la poesia del paesaggio che scorre dietro un finestrino.
Oggi, in un’epoca dominata dalla velocità, il libro di Terzani è ancora più attuale. È un inno alla pazienza, alla capacità di osservare, di lasciarsi sorprendere. È la prova che fermarsi non significa perdere tempo, ma guadagnarlo.
Perché leggere oggi Un indovino mi disse?
Perché è un libro che sfida il lettore. Ti costringe a chiederti: quanto spazio lascio al caso nella mia vita? Sono davvero libero o schiavo della mia routine? Cosa vedrei se rallentassi?
Terzani non è solo un grande narratore, è un maestro nell’arte del dubbio. E Un indovino mi disse è il suo invito più sincero a mettere in discussione ciò che crediamo di sapere.
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