
Un romanzo che è più di una storia: è un’indagine sull’animo umano
Ci sono libri che raccontano un’epoca, e poi ci sono libri che scavano così a fondo nella natura umana da diventare universali, eterni. Oblomov di Ivan Gončarov è uno di questi. È il romanzo dell’inazione, dell’immobilità dell’anima, della paralisi esistenziale che diventa un destino. Ma è anche il romanzo di tutti noi, delle nostre esitazioni, delle scelte mai fatte, delle vite che lasciamo scivolare via mentre aspettiamo un momento migliore che non arriverà mai.
Il protagonista, Il’ja Il’ič Oblomov, è uno dei personaggi più memorabili della letteratura russa e mondiale. Non è un eroe, non è un ribelle, non è nemmeno un vero tragico antieroe.
È un uomo che vive nell’attesa di qualcosa che non arriva mai, un uomo che sogna la vita ma non la vive. E il romanzo che porta il suo nome è un capolavoro di profondità psicologica, ironia e malinconia, un libro che ci costringe a guardare dentro noi stessi.
Oblomov: l’uomo che non si alza mai dal divano
Quando pensiamo a Oblomov, l’immagine che emerge subito è quella di un uomo sdraiato su un divano, incapace di alzarsi, di agire, di prendere decisioni. E in effetti, Gončarov ci introduce il protagonista proprio così: nel suo appartamento in disordine, avvolto nella sua vestaglia, mentre rimanda ogni azione, ogni impegno, ogni cambiamento.
Ma ridurre Oblomov a un personaggio pigro sarebbe un errore. Oblomov non è semplicemente un uomo svogliato, è un uomo imprigionato nella sua stessa mente, un uomo che vive più intensamente nei suoi sogni che nella realtà.
Fin dall’inizio del romanzo, è chiaro che la sua incapacità di agire non è una semplice mancanza di volontà, ma il risultato di qualcosa di più profondo: un senso di inutilità del movimento, la paura di ciò che il cambiamento potrebbe portare, un attaccamento morboso all’infanzia e alla sicurezza della vita passata.
L’"oblomovismo": più di un carattere, una condizione esistenziale
L’impatto di Oblomov è stato così profondo che ha dato vita a un concetto che va oltre il romanzo stesso: l’"oblomovismo". È una parola che descrive non solo la pigrizia, ma una forma di paralisi esistenziale, un’incapacità di affrontare la vita e il futuro.
Oblomov non è un uomo che rifiuta la felicità. Al contrario, sogna un’esistenza perfetta, armoniosa, serena, ma non trova la forza per perseguirla. Ogni volta che potrebbe agire, esita. Ogni volta che la vita gli offre un’opportunità, lui la lascia scivolare via.
E noi, leggendo il libro, ci troviamo a riflettere: quante volte siamo stati Oblomov? Quante volte abbiamo rimandato, abbiamo aspettato, abbiamo lasciato che la vita ci passasse accanto senza afferrarla?
L’amore impossibile: la tragedia silenziosa di Oblomov e Ol’ga
Uno degli aspetti più struggenti del romanzo è la relazione tra Oblomov e Ol’ga Il’inskaja, una giovane donna piena di vita, intelligente, energica, tutto ciò che lui non è. Ol’ga ama Oblomov perché vede in lui un potenziale nascosto, un’anima profonda e sensibile, un uomo che potrebbe essere grande se solo lo volesse.
Ma l’amore, da solo, non basta. Oblomov è incapace di cambiare. Anche quando sente che potrebbe essere felice con Ol’ga, qualcosa dentro di lui lo trattiene. Non è codardia, non è debolezza, è qualcosa di più sottile e terribile: l’impossibilità di essere diverso da ciò che è sempre stato.
La loro storia è una delle più dolorose della letteratura russa, perché non finisce con un tradimento o un dramma eclatante. Finisce con un lento scivolare nell’inevitabile: Ol’ga capisce che Oblomov non sarà mai l’uomo che sogna, e lui, pur amandola, la lascia andare senza combattere.
Il contrasto con Štol’c: azione contro immobilità
Accanto a Oblomov c’è il suo amico e antagonista ideale, Andrej Štol’c, il suo opposto in tutto. Štol’c è energico, pragmatico, moderno. Lavora, viaggia, si costruisce un futuro. In lui c’è tutto ciò che Oblomov non sarà mai.
Ma la vera domanda che Gončarov ci pone è: davvero Štol’c è felice? Davvero l’azione, il progresso, l’ambizione portano alla vera realizzazione? Oblomov, nel suo immobilismo, ha una purezza d’animo che Štol’c non potrà mai avere. Non si compromette, non si piega alle regole del mondo, non baratta la sua autenticità per il successo.
E così, il lettore rimane sospeso tra due poli: l’energia di Štol’c e l’immobilità di Oblomov. Chi ha ragione? Forse nessuno dei due. Forse la vera risposta è nell’equilibrio che né l’uno né l’altro riescono a trovare.
Perché Oblomov è ancora oggi un libro necessario?
Perché Oblomov è dentro ognuno di noi. Perché la sua lotta non è quella di un uomo dell’Ottocento, ma la nostra lotta quotidiana contro l’apatia, la paura del cambiamento, la tendenza a rifugiarci nei sogni invece di affrontare la realtà.
Oggi, in un’epoca in cui siamo costantemente spinti a essere produttivi, attivi, veloci, leggere Oblomov è quasi un’esperienza catartica. Ci costringe a rallentare, a guardare dentro noi stessi, a chiederci: quanto di Oblomov c’è in me? E quanto di Štol’c?
E forse, alla fine, ci aiuta a capire che il vero problema non è essere come Oblomov o come Štol’c, ma trovare un modo per non perdersi completamente in nessuna delle due direzioni.
Comments