Anafore e ripetizioni: ripeti, ripeti, ripeti. Fino a farlo entrare nella testa (e magari sotto pelle)
- Gerardo Fortino
- 16 apr
- Tempo di lettura: 2 min

Anafore e ripetizioni: la verità non basta dirla una volta sola
Anafore e ripetizioni sono roba sporca, roba insistente, roba che torna, che bussa, che ti prende per il bavero e ti dice: "Ehi, guarda che questa è la parte importante." E se non l’hai capita, te la ridico. E se non la vuoi ascoltare, te la urlo.
Perché ripetere non è per chi ha poco da dire. Ripetere è per chi ha troppo da dire e vuole che tu lo senta forte, chiaro e con un po’ di bruciore allo stomaco.
Era sporco. Sporco dentro. Sporco fuori. Sporco in ogni cosa che toccava, ogni cosa che diceva, ogni cosa che dimenticava.
Questa non è poesia. Questa è una martellata. E funziona.
Come usare anafore e ripetizioni senza sembrare un disco rotto
Ripeti solo quello che merita di essere inciso
Se devi dire qualcosa che brucia, allora ripetilo. Se è importante, allora ridillo. Se è vitale, non mollare finché non suona come un mantra.
Cambia ritmo, ma non cambiare direzione
Una buona ripetizione è come il sesso fatto bene: ha variazioni, ma resta fedele alla stessa fottuta idea. Cambia forma, ma non il succo.
Non era amore. Era bisogno. Non era bisogno. Era dipendenza. Non era dipendenza. Era paura.
Sposta la ripetizione nei punti che fanno male
Vuoi che il lettore si fermi? Vuoi che lo sguardo torni su quella frase? Allora fallo a colpi. Fallo a ondate. Fallo a pugni ben dati.
Non temere l’ossessione
Scrivere è un po’ come vivere con l’ansia: le cose tornano. E tornano ancora. E ancora. Finché non le sputi fuori con la lingua consumata.
Anafore e ripetizioni non sono per chi vuole scrivere pulito. Sono per chi vuole scrivere vero. Per chi ha capito che certe verità fanno male e che solo a forza di martellate la gente le sente davvero.
Ripeti. Quando serve. Quando brucia. Quando è l’unico modo per essere onesto. E poi taci. Ma prima, ripeti.
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